L’eccidio di Monte Sole (più noto come strage di Marzabotto, dal
maggiore dei comuni colpiti) fu un insieme di stragi compiute dalle
truppe naziste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nel
territorio di Marzabotto e nelle colline di Monte Sole, nel quadro di
un’operazione di rastrellamento di vaste proporzioni diretta contro
la formazione partigiana Stella Rossa. La strage di Marzabotto è uno
dei più gravi crimini di guerra contro la popolazione civile
perpetrati dalle forze armate tedesche in Europa occidentale durante
la Seconda guerra mondiale.
Dopo il Massacro di Sant’Anna di Stazzema commesso il 12 agosto 1944, le
rappresaglie naziste sembravano essersi momentaneamente fermate. Ma
il feldmaresciallo Albert Kesselring aveva scoperto che a Marzabotto
agiva con successo la Stella Rossa, e voleva dare un duro colpo a
questa organizzazione e ai civili che la appoggiavano. Già in
precedenza Marzabotto aveva subito rappresaglie, ma mai così grosse
come quella dell’autunno 1944.
Capo dell’operazione fu nominato Walter Reder, capo del 16ª battaglione
SS della 16. SS-Freiwilligen-Panzergrenadier-Division Reichsführer
SS, sospettato a suo tempo di essere uno tra gli assassini del
cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss. La mattina del 29
settembre, prima di muovere all’attacco dei partigiani, quattro
reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della
Wermacht, accerchiarono e rastrellarono una vasta area di territorio
compresa tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche
armamenti pesanti.
Nella frazione di Casaglia di Monte Sole, la popolazione atterrita si rifugiò nella
chiesa, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i tedeschi, uccidendo
con una raffica di mitragliatrice il prete, don Ubaldo Marchioni, e
tre vecchi. Le altre persone, raccolte nel cimitero, furono
mitragliate: 147 vittime, tra le quali 50 bambini. Fu l’inizio della
strage. Ogni località, ogni frazione, ogni casolare fu setacciato
dai soldati nazisti e non fu risparmiato nessuno.
Fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, dopo sei giorni di violenze, il
bilancio delle vittime civili si presentava spaventoso: 770 morti.
Al termine della guerra Walter Reder fu processato e nel 1951 condannato
all’ergastolo, ma in seguito graziato su intercessione del Governo
austriaco.
Il 13 gennaio 2007 il Tribunale Militare della Spezia ha condannato
all’ergastolo dieci imputati per l’eccidio di Monte Sole, ritenuti
colpevoli di violenza pluriaggravata e continuata con omicidio.I
condannati, tutti in contumacia, sono:
- Paul Albers, aiutante maggiore di Walter Reder
- Josef Baumann, sergente comandante di plotone
- Adolf Schneider, maresciallo capo
- Hubert Bichler, maresciallo delle SS
- Max Roithmeier, sergente
- Max Schneider, sergente
- Heinz Fritz Traeger, sergente
- Georg Wache, sergente
- Helmut Wulf, sergente
- Kurt Spieler, soldato
gennaio 2006 in occasione della celebrazione del processo penale di
primo grado davanti al tribunale militare di La Spezia allo scopo di
favorire l’accesso alla tutela legale nel suddetto processo.
Ferruccio Laffi Testimone diretto dell'eccidio.
Ha perduto 14 congiunti nella strage.
Ha pianto anche lui, come altri. Ma per un sentimento molto difficile da definire, che probabilmente non era rabbia né gioia; piuttosto, amarezza senza sbocco: «Avrei preferito vederli condannati tutti, ma giustizia è fatta, almeno un po' », così ha detto Ferruccio Laffi, uno dei cento superstiti, che nelle stragi di Marzabotto ha perduto 14 familiari, e che ha seguito tutte le udienze del processo, fino all' ultima, quasi come un testimone di pietra. «È un segnale, almeno, una traccia di colpevolezza riconosciuta», ha aggiunto poi, agitando una mano come a voler scacciare quelle terribili e confuse memorie che si porta dietro fin da quando era bambino piccolissimo. Ma ha mormorato anche: «Troppi morti, troppi. Però potremo dire ai nostri figli e nipoti, a tutti, che avevamo ragione: quella che facevano quei soldati tedeschi, in quel modo, nelle nostre terre, non poteva essere considerata vera guerra. Era solo vera barbarie». Laffi è stato una delle ultime persone a lasciare l' aula, ancora commosso.
(da "Il Corriere della Sera del 14 gennaio 2007")